ORA AI RAGAZZI SI CHIEDE...

Credo di aver passato l’anno della mia maturità a guardare il soffitto.

Nessuno mi parlava di lavoro, nessuno mi calcolava le medie, nessuno mi proponeva facoltà a cui iscrivermi, o mi parlava di futuro. Mi ricordo solo di aver fatto un orale spettacolare perché sapevo cose che nessuno si aspettava da me (da Dante alla baia dei porci passando per Orwell, tutti romanzi letti invece di studiare). Sono uscita dal liceo senza aver capito cosa sia uno studio di funzione eppure se mi fossi iscritta a una facoltà scientifica nessuno avrebbe avuto nulla da ridire. Nessuno ti diceva nulla, nessuno aveva genitori che programmavano carriere. Avere la media del sette voleva dire andare bene a scuola, punto. Una volta avendo preso un nove in Italiano, mia madre mise in dubbio le capacità del mio prof di valutare un tema perché secondo lei era un voto troppo alto per me. Questo è il mio ricordo.

Ora ai ragazzi si chiede - tutti, specialmente le famiglie - di essere iperperformativi, di avere chiaro il proprio futuro, di fare esami di ammissione, di avere medie alte, di uscire col massimo dei voti, per non rimanere esclusi dall’università e dal mercato del lavoro.

Così le alunne che hanno la media del sette, che ai miei tempi voleva dire andare bene, neppure pensano di iscriversi. Pensano a soluzioni alternative, scuole di formazione, corsi post diploma. Non pensano che valga la pena di spendere soldi per l’università, perché tanto hanno la media "bassa".

Trovo così triste, privo di poesia, non poter immaginarsi, pensarsi in un mondo in cui ci si sente bene. Ricordo la totale incoscienza con cui ho messo piede la prima volta al dipartimento di archeologia, tutta felice di starmene in mezzo a cariatidi di cui non capivo nulla, ma era bello anche solo stare lì, vedere i prof archeologi, sognare qualche campagna di scavo. Nessuno mi ha mai chiesto che ci facessi lì, se avessi i titoli per starci, se la mia famiglia potesse permettersi la pecora nera, se io potessi permettermi di perdere tempo studiando roba inutile.

La verità è che se oggi dovessi iscrivermi, no, non potrei permettermi di fare quello che ho fatto, rischiando di sbagliare, di perdere anni della mia vita, di diventare un peso per la mia famiglia e per il sistema. E ho sbagliato tutto felice di sbagliare, felice dei miei trenta nelle storie antiche, nelle filologie, senza pormi il problema della totale inutilità di tanta bellezza.

Oggi penso ai miei alunni più fragili e spaventati, a quelli che non ci provano perché non possono permetterselo, a quelli che avrebbero sogni ma non sanno come realizzarli, e spero che trovino il coraggio di ignorare gli interdetti, di scavalcare i divieti, di rompere le barriere che altri gli impongono, di immaginare per sé una vita libera dalle paure altrui. Solo questo gli auguro: di non diventare quello che altri hanno deciso per loro.

Un post di Claudia Boscolo 16 05 2023

*docente di Lettere Scuola secondaria di secondo grado Provincia Autonoma di Trento.

Data ultima modifica: 30 maggio 2023