NEGATO L’ESAME DI MATURITÀ AD UNA STUDENTESSA

NINA HA UN SOGNO!

NEGATO L’ESAME DI MATURITÀ AD UNA STUDENTESSA

Una studentessa con Sindrome di Down

Una vicenda, una come tante, che si verifica in un Liceo, luogo di cultura e di studio, dove si forgiano e si formano i futuri cittadini; luogo di crescita, di condivisione, in cui apprendimenti, socializzazione, relazione e comunicazione si intrecciano nella quotidianità dell’agire.

In questo luogo, emblema dell’educazione e dell’istruzione assicurata a ogni cittadino, si snoda la narrazione che l’ANSA riprende dal Corriere di Bologna.

Nina aveva un sogno: diplomarsi insieme ai compagni. Questo sogno le è stato impedito e per non perdere la possibilità di diplomarsi, i genitori hanno provveduto a ritirarla da scuola.

Sono tre anni che la famiglia chiede il passaggio al PEI personalizzato, dopo le rassicurazioni ricevute nel corso del primo anno di frequenza del Secondo grado, anno in cui è stato detto loro che la scelta del differenziato - se avessero dato il loro consenso - si poteva rivedere negli anni successivi. Ma negli anni successivi il Consiglio di classe non ha proposto alcun cambiamento; anzi: ha osteggiato la richiesta della famiglia che chiedeva il passaggio al personalizzato.

Sicuramente qualcuno scriverà che la famiglia ha poi provveduto a esprimere consenso formale firmando il PEI differenziato; non ne sarei proprio così sicura (ma non conoscendo esattamente come sono avvenuti i fatti, non posso affermare il contrario).

Quel che è certo è che a volte i genitori si trovano in grande difficoltà e optano per il consenso, perché non riescono a opporsi alla volontà del Consiglio di classe (e forse nutrono ancora qualche speranza. In fondo è stato lo stesso Consiglio ad informare la famiglia che "si poteva cambiare il percorso anche negli anni successivi).

La questione è che, arrivati alla classe quinta, la famiglia si è trovata a un bivio:

- accettare l’Attestato di credito formativo
- oppure trovare un’altra soluzione?

Ha optato per l’altra soluzione, cercando una scuola disposta ad accogliere la figlia, per consentirle di potersi cimentare nell’esame di Stato.

La famiglia di Nina ha insistito nel chiedere il passaggio al personalizzato:

"Il diniego definitivo del consiglio di classe - scrive ANSA - è arrivato i primi di marzo: "Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci", sottolinea la mamma. Se la ragazza non fosse stata ritirata da scuola entro il 15 marzo, a fine anno avrebbe ricevuto l’attestato".

La motivazione della scuola peraltro non è legata agli apprendimenti: la scuola, scrive l’Ansa, era

"preoccupata che per Nina fosse un obiettivo troppo stressante."

E poi c’è la storia di Valeria (nome di fantasia).

Valeria, costretta ad un PEI differenziato per ben 5 anni (la famiglia non riusciva a opporsi alla decisione del Consiglio di classe), una volta conseguito l’Attestato di credito formativo si è presentata come privatista ed ha conseguito il Diploma.

Non l’ho scritto, scusate: Valeria è una studentessa con disabilità. Era, perchè adesso si è laureata e lavora.

Passano gli anni, ma le storie si ripetono. Sempre uguali. Troppo uguali! Non possiamo continuare a fare gli struzzi e far finta che nel Secondo grado non ci siano criticità.

Ce ne sono e, a mio avviso, sono troppe.

Basti pensare che all’open day, il giorno in cui si presenta la scuola ai nuovi studenti, ad alcuni genitori di alunni con disabilità è stato detto: "Tanto suo/a figlio/a farà il differenziato", senza aver mai visto lo studente o la studentessa.

Questa è la carta di presentazione della scuola.

Si può continuare a pensare di agire in questo modo nel silenzio e nell’indifferenza totali?

Direi di no!

Sicuramente si può e si deve rivedere il meccanismo di accettazione e/o di rifiuto del percorso curricolare nel 2° grado, ma forse è anche il caso di rivedere le competenze professionali di molti colleghi e di molte colleghe. Più docenti, infatti, ritengono che l’alunno con disabilità non sia uno dei loro alunni!!!

Proprio pochi minuti fa mi è capitato di leggere in un commento: "Mi sarei specializzato, ma ho capito che io non posso insegnare agli alunni con disabilità, quindi ho rinunciato a frequentare il Corso di specializzazione (altrimenti detto TFA)."

I docenti non sanno che entrando in una classe sono insegnanti di ogni alunno di quella classe e non solamente di alcuni!!!

Il fatto è che si permette a persone - retribuite dallo Stato (cioè da noi) -di entrare in una classe con il ruolo "docente" pur sapendo che quelle persone non insegneranno ad uno o a più alunni iscritti alla classe o alle classi alle quali sono stati assegnati! Non so se ci rendiamo conto.

Siamo una realtà strana, diciamocelo.

Infatti, da un lato dichiariamo INCLUSIONE, urlando a squarciagola, proclamando i più alti intendimenti, partecipando a seminari, convegni, etc., dall’altro accettiamo

- che vi siano docenti che entrano nelle classi dichiarando di "non sentirsela di lavorare con gli alunni con disabilità", affermando cioè che verranno meno al contratto di lavoro, perché si occuperanno solo di alcuni dei loro alunni e non di tutti;
- che nelle scuole entri personale (docente e dirigente) NON preparato, non formato sulle questioni dell’inclusione, ovvero della pedagogia e della didattica speciale (e pure della normativa);
- che gli alunni con disabilità vengano spesso "raccolti" in spazi riservati solamente a loro (li chiamano laboratori!), mentre i compagni, nelle rispettive classi, proseguono il percorso formativo;
- che si assumano decisioni senza conoscere a fondo un alunno o un’alunna (proporre un differenziato senza conoscere la persona significa ragionare per pregiudizio).

Ecco noi accettiamo tutto questo.

Sapete perché?

Perché "a noi non capita".

Capita agli altri.

Capita a persone che non sono nostri figli o nostre figlie.

Capita a persone che, per alcuni, non dovrebbero neppure entrare nei licei (anche questo l’ho letto in un commento questa mattina).

Questa non è la scuola dell’inclusione.

La politica deve prenderne atto e operare delle scelte reali, affinché nelle nostre classi a insegnare ai nostri figli entri personale professionalmente competente, in grado di lavorare con ogni alunno e con ogni alunna. Basta con queste vicende vergognose che la cronaca riporta.

Davvero: è ora di dire basta!

Direi che, a questo punto, la misura è colma.

La mia proposta, la stessa da oltre 20 anni, quindi, è la formazione obbligatoria per tutti.

E chi "non se la sente" di lavorare con gli alunni con disabilità, non può e non deve entrare nella scuola come docente o come dirigente.

(ANSA)

Data ultima modifica: 30 marzo 2023