PIOVONO SCARPE

Non dimentichiamo mai quanto sia salutare e aiuti ad apprendere il ridere tanto a scuola

Scuotere lo spazio talvolta è salutare: allena a uno sguardo sghembo e ci permette di rimettere in gioco ogni cosa. Mi torna spesso in mente il gesto comico di Mario, un bambino di Giove che amava spesso poggiarsi alla parete a testa in giù.

Non so se per caso o per scherzo una mattina di ottobre, in seconda elementare, diede un calcio in aria che fece volteggiare la sua scarpa in alto nella classe. La scarpa slacciata cadde sul banco di Seriana, tra l’astuccio e il quadernone. Tutti risero clamorosamente di quel volo inaspettato e, per prolungare questa improvvisa esplosione di allegria con prontezza, senza pensarci su, liberai con il piede sinistro la mia scarpa destra e detti anch’io, con una certa energia, un bel calcio in aria imitando Mario. Anche la mia scarpa volteggiò fino al soffitto, ma quando cadde a terra le bambine e i bambini erano ormai in piedi e stavano già cominciando a slacciarsi e tirare in aria scarpe d’ogni foggia e colore.

Ogni volta che le scarpe cadevano a terra o sui banchi le raccoglievamo prontamente e le ritiravamo in alto moltiplicando risate e schiamazzi.

Dopo un po’ di tempo ci siamo trovati tutti a terra ed esaurita l’eccitazione per questa festa inaspettata, ho chiesto loro di ricomporre in parole ciò che avevamo scombussolato nello spazio.

Avevamo l’abitudine, infatti, ogniqualvolta ci accadeva qualcosa di non ordinario, di tradurlo in parole da mettere in rima, in filastrocche che trasformavamo poi in canzoni.

Ciascuno proponeva una immagine e l’associava a una parola, scrivendo o dicendo quello che gli passava per la mente, io prendevo appunti alla lavagna, qualcuno correggeva o proponeva altro e alla fine, dopo oltre un’ora di tentativi accompagnati spesso da risate, veniva fuori un testo che declamavamo a viva voce per vedere se il ritmo e le sonorità funzionavano.

LO SPAZIO ROVESCIATO E LA FELICITÀ LIBERATRICE

Al termine di questo lavoro di scrittura collettiva sceglievamo il titolo e quel giorno, naturalmente, non poteva essere che “Piovono scarpe”.

Ecco le strofe della canzone uscita dall’esperienza di quel mattino:

C’è una nuvola arrabbiata, era stata abbandonata

tutta lacci e strappi blu, sola sola sta lassù

lei vorrebbe anche giocare, ma le gocce stanno in mare

è una nuvola di scarpe, ma di scarpe senza piedi

come fa per camminare? Non gli resta che volare.

Volano volano volano le scarpe, volano volano volano le scarpe

e mi sa che in questa festa piovon scarpe sulla testa

Questa canzone ci ha accompagnato fino in quinta elementare perché in alcuni momenti di stanchezza, di noia o in cui si addensava in classe qualche tensione da sciogliere, c’era sempre una bambina o bambino che la intonava, scatenando un’immancabile e salutare pioggia di scarpe capace di liberare, almeno momentaneamente, piedi e pensieri.

Scatenarsi talvolta fa bene e così ridere, ridere tanto e rovesciare provvisoriamente le cose immaginando un mondo sottosopra.

Poiché sappiamo che il mondo sottosopra lo è già per le troppe ingiustizie che lo abitano, magari giocando a rovesciare alcune nostre consuetudini e incrostazioni mentali, si può coltivare il desiderio di rimetterlo a testa in su, come forse dovrebbe stare.

E allora cominciamo a trasformare con convinzione gli spazi delle nostre scuole sapendo che è l’intero mondo che ha bisogno di essere rivoluzionato, ma non possiamo che cominciare dai luoghi che abitiamo e da noi stessi.

Il brano è tratto da “EDUCARE CONTROVENTO. STORIE DI MAESTRE E MAESTRI RIBELLI” appena edito da Sellerio.

Nella foto Mario a testa in giù.

di Franco Lorenzoni

Data ultima modifica: 13 aprile 2023